Le scelte che prendiamo siamo davvero noi a deciderle?
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Provate un attimo a rispondere a questa domanda: siamo razionali? Le scelte che prendiamo siamo davvero noi a deciderle?

Se il nostro primo pensiero può portarci ad una risposta affermativa. Ciascuno di noi in effetti ogni giorno pone moltissime scelte, decisioni che seguono degli stimoli biochimici: ci piace quella canzone perché ascoltandola il nostro corpo produce dopamina che ci da piacere. 

Altre volte invece le nostre scelte vengono prese perché la nostra mente pone delle scorciatoie per arrivare presto ad una conclusione. In psicologia Amos Tversky e Daniel Kahneman hanno indagato a fondo sulle cosiddette euristiche, ossia pregiudizi e scorciatoie che il nostro cervello ha.

Un refuso dalla nostra evoluzione e istinto di sopravvivenza.

Molti pensieri che facciamo infatti sono presi velocemente, senza un profondo e attento ragionamento.

Se qualcuno ti puntasse la pistola tu penseresti a scappare oppure al modo in tiene la pistola il malintenzionato? O che modello di pistola è.

Anche solo il come viene posta una domanda può cambiare completamente la risposta.

In un  interessante esperimento Kahneman e Tversky hanno posto questo quesito:

Gli Stati Uniti si stanno preparando per lo scoppio di un’insolita malattia asiatica, che dovrebbe uccidere 600 persone. 

Al primo gruppo sono state presentate queste conseguenze di programmi attuabili: 

A: 200 persone si salvano
B: 1/3 di probabilità di salvare tutti, 2/3 di probabilità di non salvare nessuno 

Mentre al secondo gruppo queste altre:
C: 400 persone muoiono
D: 1/3 di probabilità che nessuno muoia, 2/3 di probabilità che muoiano tutti 

Anche se sembra scritto nel 2020, è stato posto qualche decennio prima, nel 1981.

Ovviamente i due gruppi avevano solo le risposte di quel gruppo e non potevano vedere le altre. Noi riusciamo a renderci conto che il risultato della alternative A e C è lo stesso, così come la B con la D, ma come hanno reagito i due diversi gruppi? 

Il primo gruppo ha deciso per il 72% di prendere la prima opzione, contro il 28% che ha scelto al seconda.

Il secondo gruppo ha invece ribaltato il risultato. L’alternativa C è stata scelta dal 22% mentre la D dal 78%. Quale è la differenza? Al primo gruppo le risposte sono state date in maniera positiva con termini legati alla salvezza, mentre al secondo è stato posto un contesto negativo, con termini associabili alla morte.

Nel primo caso, i candidati hanno optato per un risultato certo, mentre nel secondo hanno preferito una soluzione probabilistica. 

Pensiamo di essere razionali ma basta solo l’associazione a termini postivi e negativi per cambiare le nostre scelte. Gli esperti chiamano questo fenomeno, framing, oppure effetto cornice in italiano.

L’idea è quella che a seconda di come ci viene posta la cornice del contenuto noi reagiamo in maniera diversa. 

Un’applicazione pratica dell’effetto framing è stata studiata da Levin in un suo esperimento nel 1987. Il test consisteva nella somministrazione di carne a due gruppi di individui. Nel primo gruppo veniva presentata con l’etichetta indicante ‘magra al 75%’, al secondo gruppo la stessa carne veniva indicata come ‘grassa al 25%’.

In seguito veniva dato un questionario in cui si dovevano indicare le percezioni. Le risposte a seconda del contesto positivo o negativo sono state sensibilmente diverse, con una differenza di rispettivamente di +1,15 e -1,17 per le condizioni positive e negative.

Le risposte erano significativamente più favorevoli nella condizione di framing positivo rispetto alla condizione negativa. Ecco spiegato perché le confezioni portano la scritta consigliato da 9 dentisti su 10, oppure con solo lo 0,00025 di grassi. 

L’essere umano è facilmente malleabile.

Nella nostra quotidianità, ognuno di noi è andato al cinema almeno una volta. Se siete facilmente sensibili al cibo l’odore nell’aria di pop corn vi avrà fatto venire voglia di comprarli come accompagnamento al film. Provate a ricordare quali erano le proposte che venivano date.

Al 100% rispecchiavano l’immagine sopra non questa immagine, qualcosa di simile. 

Una confezione piccola con un prezzo X, una confezione jumbo, gigante ad un prezzo ovviamente più alto e un’altra proposta intermedia con un prezzo ovviamente tra il piccolo e il grande (spesso vi sono anche più proposte in questo intervallo).

Si nota fin da subito un’asimmetria nel prodotto medio. Non è perfettamente a metà distanza dal piccolo e dal grande ma tende molto verso la versione più costosa. Come mai? In economia comportamentale viene definito effetto decoy.

Viene aggiunta un’esca che ti permette di cambiare la tua intenzione. In questo caso i popcorn grandi sembrano molto più convenienti rispetto al medio in quanto costano solo 50 centesimi in più.

Il prodotto esca, che in questo caso è il popcorn medio, non viene aggiunto in quanto si spera di venderlo, ma soltanto per spostare le vendite verso quello grande. Infatti senza prodotto esca molta più gente opterebbe per il più economico.

Le nostre decisioni sono sensibili agli stimoli che riceviamo. L’ambiente ci condiziona molto. “Mia madre mi diceva sempre che ero più figlio dell’ambiente circostante che figlio suo” scriveva Thomas Bernhard e aveva ragione.