Quotidianamente usiamo diversi strumenti senza mai soffermarci sulla loro storia. Per mancanza di tempo o di volontà non è una domanda frequente da porsi come mai l’asciuga capelli si chiama con il sinonimo “phon”, non sapendo che ciò si deve al marchio dell’azienda tedesca che per prima lo brevettò (fön)
Una storia interessante è sicuramente quella della tastiera, ora intesa in riferimento al computer, una volta ai suoi antenati analogici
Il layout usato tuttora è nato nel 1867 dalla mente di Christopher Sholes. Fino a quel tempo, nelle macchine da scrivere si utilizzava la disposizione in ordine alfabetico, tuttavia ciò implicava un problema non da poco: con la disposizione alfabetica si era troppo veloci. A causa dell’alta frequenza dei tasti premuti, i martelletti si incastravano tra loro nel momento in cui andavano a marcare di inchiostro il foglio, facendo perdere non poco tempo all’utilizzatore per sbloccarli.
Sholes decise così di implementare una disposizione che permettesse di scrivere in una maniera più lenta. Lo scopo era quelli di essere scorrevoli, non lentissimi ma neanche troppo veloci.
L’inventore cedette il brevetto alla Remington, la più importante fabbrica di armi portatili americana che apportò delle migliorie creando e commercializzando la tastiera che conosciamo ancora oggi.
Passarono gli anni e alle macchine da scrivere succedettero i pc. I martelletti scomparvero lasciando spazio a nuove tecnologie di scrittura più performanti.
Rispetto alla prestigiosa Olivetti Lettera 22 i nuovi computer sembrano lontanissimi grazie ai loro schermi retina, touchpad, webcam, potenza di calcolo elevata. Eppure un baluardo di quel tempo lontano vi è ancora: la tastiera QWERTY, che dal 1867 è ancora compagna quotidiana delle nostre vite.
Solitamente si sostituisce uno standard con una tecnologia di più efficiente. È successo con la connessione Internet nel momento in cui è passata dal 2G al 3G, al 4G e al 5G. Eppure perché siamo ancorati a un qualcosa del passato?
Se fosse l’esempio di maggior efficienza ci sarebbe sicuramente meno da discutere, ma così non è.
Nel 1936 uno psicologo americano, August Dvorak, ebbe l’idea di creare una nuova disposizione di tasti che garantisse la maggior velocità di scrittura. La tastiera QWERTY non era infatti la più performante, in quanto teneva conto del rischio che i martelletti si incastrassero fra loro.
Dvorak pensò di mettere i tasti più usati vicini tra loro e al centro della tastiera, le lettere meno usate ai margini della tastiera e le vocali nella riga centrale ma tutte a sinistra, garantendo così la possibilità di alternare la mano destra con la mano sinistra.
Risultato?
Il movimento da compiere con le dita per la scrittura era ridotto, garantendo maggiori prestazioni.
Eppure al giorno d’oggi non abbiamo la tastiera più efficiente nei nostri computer o smartphone.
Quando la macchina da scrivere divenne parte di un sistema che la vedeva intrecciata con una categoria di operatori quali i dattilografi, ne furono vendute moltissime. Lo standard adottato di conseguenza si impose su tutti gli altri. La scelta di una tecnologia meno efficiente, era dunque il risultato di un percorso evolutivo incastrato fra un piccolo accidente storico, ossia la scelta iniziale della sequenza QWERTY.
Chi comprava una macchina da scrivere con il layout QWERTY non aveva difficoltà a trovare dattilografi e a sua volta essi si specializzavano in quel sistema perché avevano maggior probabilità di trovare lavoro.
In economia questo si chiama con il termine di:
path-dependence: («dipendenza dal percorso»), la concezione secondo la quale piccoli eventi passati, anche se non più rilevanti, possono avere conseguenze significative in tempi successivi, che l’azione economica può modificare in maniera limitata.
Molto semplicemente quando un’impresa decide di mettere in atto una determinata strategia deve tener conto del fatto che questa non influirà sulle sue decisioni solamente nel presente, ma anche in un futuro più o meno remoto. Significa che ogni azione che un’impresa metterà in atto sarà sostanzialmente in grado di influenzare il suo comportamento futuro.
Ciò non vale solo per le società. Ciascuno di noi ha molte dipendenze da sentiero legate al proprio passato, a delle scelte che ha preso e non è più in grado di uscirne, a delle abitudini ormai radicate. Spesso siamo vittima di questo percorso e crediamo che la nostra forza di inerzia non è sufficiente a farci uscire. La verità è che non facendo parte di un sistema ma essendo individui, le path dependence personali si possono cambiare molto più facilmente.
E se ciò ci ricorda la teoria del caos in cui il minimo battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo, non si deve dimenticare che ci deliziamo nella bellezza di quella farfalla, ma raramente riusciamo a renderci conto dei cambiamenti a cui ha dovuto sottostare per raggiungere quella bellezza, riuscendo a cambiare la sue path-dependence di quando era bruco.