L’educazione al digitale. Come?
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Tra le domande che più spesso ci vengono poste negli incontri c’è sicuramente: “avete qualche consiglio su come educare i miei figli al digitale?”. 

C’è una frase molto bella attribuita allo scrittore Thomas Bernhard che dice: “mia madre mi diceva sempre che ero più figlio dell’ambiente circostante che figlio suo”. Probabilmente l’intellettuale austriaco si riferiva agli anni ’30, ossia quelli della sua infanzia ma al giorno d’oggi questa citazione non può che essere aumentata ancora di più di significato. 

L’ambiente una volta era la strada dove si giocava con gli amici ora è cambiato. I parchi esistono vero, ma la loro esistenza è sempre meno considerata dai giovani. Ora c’è l’ambiente digitale. Più figlio dell’ambiente circostante che figlio suo, implica come il ragazzo impari da tutto ciò che incontra nel percorso. Dai 12 anni il ragazzo passa da una comunicazione verticale con i genitori a una comunicazione orizzontale con i propri amici, per poi riprendere a dialogare con la famiglia intorno ai vent’anni. Ecco che arrivare ad aver già educato il proprio figlio prima dell’adolescenza è necessario. Si potrà dire che è banale, ma guardandoci in giro abbiamo visto come l’educazione al digitale sia molto poco presente. Gli smartphone hanno anzi sostituito i genitori, complice anche la sempre meno mancanza di tempo da trascorrere con i figli causa lavoro spesso ai figli piccoli gli si dà il tablet per “tenerlo buono”. 

Serge Tisseron un psicoanalista francese che ha collaborato assieme alle istituzioni francesi per creare una campagna molto interessante con la formula 3-6-9-12. I numeri si basano su quattro età chiave nella crescita del bimbo. 

Prima dei 3 anni: per favorire il suo sviluppo occorre trascorrere del tempo giocando con il proprio figlio. Piuttosto che la TV preferire le storie lette assieme. Tisseron consiglia di non mettere la TV nella camera del piccolo, di non usare smartphone per calmarlo e di vietare l’uso di media digitali duranti i pasti e prima di dormire.

Dai 3 ai 6 anni: lo psicoanalista consiglia che TV e computer non debbano stare in camera del bimbo ma in soggiorno o in luoghi comuni e di fissare delle regole sul tempo del consumo. Sempre vietare l’uso di smartphone durante i pasti e prima della nanna e non usarli per il piccolo. Giocare in tanti è meglio che giocare da soli.

 – Dai 6 ai 9 anni: le tempistiche sul consumo devono essere fissate ma va aggiunto il parlare con il proprio figlio di ciò che fa e vede. TV e computer sempre in luoghi comuni e non in camera da letto. La console per giocare va amministrata come genitori. Iniziare a parlare dei tre principi fondamentali di Internet: 1) tutto ciò che si digita può divenire di dominio pubblico, 2) quanto digitato ci rimarrà per sempre, 3) non credere a tutto ciò che si trova su Internet. Assieme a questo parlare del diritto all’immagine e il diritto all’intimità.

Dai 9 i 12 anni: ciò che consiglia Tisseron è di parlare con il figlio l’età giusta per il primo smartphone. Il figlio, a discrezione del genitore, può navigare da solo su Internet o meno. Decidere insieme a lui quanto tempo passare davanti ai diversi tipi di schermo. Ricordare i tre principi di Internet e i diritti all’immagine e all’intimità.

Oltre i 12 anni: il figlio naviga da solo sulla Rete ma rispettando le tempistiche concordate assieme. Parlare del download e upload dei file, degli insulti che possono essere scambiati, di ciò che si può trovare su Internet, del plagio e delle regole di condotta. Alla notte tenere i cellulari spenti. Non accettare di diventare suo amico sui social.

Questi sono consigli che Tisserot dà, molto importanti a nostro avviso. Il togliere non è mai la via migliore ma nemmeno lasciare piena libertà. Passare del tempo parlando e fissando regole assieme è la modalità che più permette un’educazione efficace. 

Oltre a questo aggiungiamo l’esempio: i genitori devono dimostrare coerenza. Se un figlio vede il proprio genitore a tavola rispondere ai messaggi appena arrivano, giocare a Candy Crush o elargire like sui social ecco che si perde l’esempio che ogni adulto dovrebbe dare e dimostrare.